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L’associazione Mantovani nel Mondo e Santa Madre Cabrini

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L’associazione Mantovani nel Mondo e Santa Madre Cabrini

15 Novembre 2022
By Flavia Aondio
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Visita del Presidente dell’Associazione Daniele Marconcini a Codogno all‘Istituto delle Suore Missionarie del Sacro Cuore di Santa Madre Cabrini e al Museo Cabriniano di Codogno accolti da Suor Maria Barbagalli.

Francesca Saverio Cabrini nacque a Sant’Angelo Lodigiano il 15 luglio 1850 da una famiglia di contadini benestanti, dai quali attinse un particolare fervore religioso, un concreto spirito di iniziativa e, fatto non frequente a quell’epoca di conflitto tra Stato e Chiesa dopo la fine del potere temporale del Papa, un sincero amore per la propria patria. La sua vocazione, precoce se pensiamo che a soli undici anni Francesca fece voto di verginità, si caratterizzò presto in senso missionario perché in casa arrivavano gli Annali della Propaganda Fide, alla cui lettura lei si era appassionata. Conseguita la licenza magistrale, dopo la morte dei genitori e l’emigrazione del fratello in Argentina, rimase con la sorella Rosa – che aveva rinunciato a farsi religiosa per aiutare la famiglia – per prendersi cura di un’altra sorella, Maddalena, che era handicappata. Insegnò per un paio d’anni come supplente a Vidardo riuscendo, nonostante la proibizione governativa e la presenza di un sindaco anticlericale, a insegnare dottrina cristiana in classe, poi su invito del vescovo di Lodi entrò nella “Casa della Provvidenza” a Codogno e nel 1877 vi fece la professione coi nomi di Saveria Angelica del Bambin Gesù, prima diventandone segretaria e poi vice-superiora. Ma sciolta quella comunità, che non rispondeva agli impegni dello stato religioso, il vescovo le disse: «Tu vuoi farti missionaria; il tempo è maturo, io non conosco istituto di Missionarie: fanne tu uno!». Il 14 novembre 1880, insieme a sette compagne che erano con lei nella “Casa della Provvidenza”, Francesca dava inizio, nei locali di un antico convento, alle “Missionarie del S. Cuore di Gesù”, un titolo ritenuto insolito per una congregazione di suore, ma difeso sempre strenuamente dalla Fondatrice.

Missionarie del Sacro Cuore di Gesù in Etiopia.        

Suore Missionarie del Sacro Cuore di Gesù in Etiopia

Nelle Costituzioni approvate dal vescovo, lo scopo dell’Istituto era così delineato: lavorare al bene delle anime tanto nei paesi civili quanto fra gli infedeli, non limitando l’ambito delle opere, anche se poi verrà circoscritto a istituzioni educative, all’assistenza ospedaliera e alle opere parrocchiali. Più che mai decisa ad attuare il suo ideale missionario, Francesca raggiunse Roma dove fece voto di recarsi in Oriente (e specialmente in Cina) con sei suore e fondò la casa centrale dell’Istituto. Ma nel 1888 incontrò a Castel Sangiovanni, nel Piacentino, il vescovo mons. Scalabrini che la invitò, anche a nome dell’arcivescovo di New York, a lavorare tra gli emigrati italiani, che erano trattati alla stregua degli schiavi e disprezzati dagli americani. Francesca vi si recò nel marzo 1889 (avrebbe poi attraversato l’oceano altre ventitre volte!) cominciando un’avventura che l’avrebbe portata ad erigere nelle Americhe più di cinquanta istituti e a essere proclamata da Pio XII, nel 1950, patrona degli emigranti e, nel 1952, dal Comitato americano dell’emigrazione italiana, «la più illustre emigrata del secolo».

Argentina.

Il primo impatto con la metropoli statunitense non fu facile: l’arcivescovo Corrigan cercò addirittura di rimandare in patria quelle suore che, a suo avviso, non avevano una sufficiente base finanziaria per i loro progetti. Ma la santa, forte dell’assenso del Papa che l’aveva incoraggiata dicendole che la sua Cina erano gli Stati Uniti, trovò l’aiuto di una ricca cattolica americana, la contessa De Cesnola, moglie di un italiano che era diventato direttore del Metropolitan Museum, e aprì una prima scuola femminile in un appartamento offerto dalla contessa, poi le suore si impegnarono nell’assistenza e nell’insegnamento nei quartieri più degradati della città. Francesca riuscì a convincere gli italiani più ricchi a ad aiutare i connazionali poveri perché potessero inserirsi nel contesto sociale americano senza dimenticare la propria origine etnica. Secondo la sua strategia educativa, le suore si rivolgevano a loro in italiano, e nella stessa lingua facevano celebrare i servizi religiosi nelle chiese annesse ai loro istituti, nonché le rappresentazioni teatrali, mentre italiano era il personale degli ospedali e buona parte di quello delle scuole. Ma nel contempo, insegnando loro la lingua locale, ne favorivano l’inserimento nella società americana facendone dei buoni cittadini. Nel 1890, sulle colline di West Park, a un centinaio di km dalla città, sorse il collegio di Manresa dove fu collocato il noviziato per l’America settentrionale. L’anno dopo, al ritorno da un viaggio in Nicaragua, Francesca organizzò una scuola e un orfanotrofio a New Orleans per i figli degli italiani e dopo solo quattro mesi, insieme alla comunità italiana, effettuò una processione religiosa per le vie della città durante la quale, oltre al tradizionale repertorio religioso, si cantarono motivi laici tra cui «Va’ pensiero», e per la prima volta gli italiani furono applauditi in pubblico. Tornata a New York, salvò dal fallimento l’ospedale “Columbus” in cui venivano curati gli emigrati italiani, aprendone un altro, il “Columbus II”, che per grandezza e attrezzatura scientifica diventò uno dei più importanti istituti medici della città. Opere analoghe sorsero poi a Seattle e Chicago, mentre l’Istituto si estendeva in Argentina e in Brasile, ma anche in Spagna, Francia e Inghilterra.

Gli ultimi anni della sua vita, tra un viaggio e l’altro dall’Europa alle Americhe, li dedicò all’assistenza ai carcerati italiani, speso impossibilitati a difendersi per l’ignoranza dell’inglese; le suore fecero riaprire alcuni processi ingiusti e assicurarono i contatti tra i detenuti e le loro famiglie. La spiritualità di madre Cabrini si realizzò soprattutto nelle opere, nella sua instancabile attività finalizzata ad opporre il bene al male. Morì a Chicago, durante una delle visite che compiva periodicamente alle sue case, il 22 dicembre 1917, lasciando sessantasette fondazioni e circa milletrecento missionarie. Fu beatificata nel 1938 da Pio XI e canonizzata da Pio XII il 7 luglio 1946.

Nel 1925 fu consacrata a Codogno la “Casa del Tabor” tanto desiderata da Francesca, l’anno dopo la sue figlie andarono in Cina, nel 1936 in Africa, nel 1948 in Australia. La fama della sua santità fu anche confermata da episodi che avevano del prodigioso: soccorsi imprevisti, inspiegabili e tempestivi, comparsa di somme di denaro nei momenti difficili, ostacoli superati come d’incanto, rifiuti di persone autorevoli mutati poi in validi sostegni, vocazioni numerose e scelte. Il processo canonico fu rapido, grazie ad una speciale dispensa di papa Pio XI dalla legge che allora stabiliva l’inizio della discussione sopra l’eroicità delle virtù non prima del 50° anno dalla morte. Le reliquie principali della santa sono custodite i varie case delle sue Missionarie: a New York il corpo, a Chicago un braccio, a Roma il capo, a Codogno il cuore. Sempre a Roma, nella basilica di San Pietro, in una delle nicchie riservate ai grandi Fondatori c’è anche la statua di Francesca Saverio Cabrini, e un’altra fu collocata su una guglia del duomo di Milano.


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